IDEOLOGIA QUEER

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Un fenomeno sovversivo per distruggere la famiglia partendo dai bambini

Interessante ed assolutamente esaustivo l’articolo di Christopher F. Rufo sulla storia e l’evoluzione del fenomeno delle “Drag Queen” e delle performances che ne derivano, ormai quotidiane, del Drag Queen Story Hour.

Il dibattito politico e culturale in merito a questi spettacoli “family friendly” è acceso e all’ordine del giorno, da una parte c’è una destra indignata e preoccupata, dall’altra una sinistra che ne difende l’esistenza in nome di diritti e di libertà per la comunità LGBTQ. Autori e attivisti di destra organizzano manifestazioni ed eventi, si uniscono in associazioni, e gli scontri con il movimento di sinistra Antifa, che si propone come scudo delle drag queen, sono ormai una costante.

I toni si alzano, spesso si raggiungono atti violenti, in mezzo a tutto questo caos ci sono i bambini e i loro genitori, sempre più preoccupati di non riuscire a proteggere i propri figli e di essere tacciati di omofobia, intolleranza e razzismo.

Il movimento odierno definito da Rufo “drag-for-kids” nasce dalla “queen theory” disciplina sancita nel 1984 da G. S. Rubin, una scrittrice e attivista lesbica che sostiene la teoria seme di ciò che oggi vediamo sbocciare.

Secondo la Rubin viviamo in una gerarchia piramidale di valori sessuali determinati dal potere che ha voluto reprimere e plasmare le esperienze sessuali umane, questa gerarchia va ribaltata in modo che il conformismo venga smascherato e tutte le figure che oggi sono in fondo alla piramide possano essere riabilitate.

Abilitare feticisti, sadomasochisti, prostitute e quant’altro ha una sola logica conclusione, normalizzare il comportamento più in basso della gerarchia della moralità: la pedofilia.

La strada è quella, l’obiettivo anche, ed ormai è chiaro infatti anche nella teoria “queer”, come affermato dalla stessa Rubin, gli uomini il cui erotismo valica i confini generazionali sono vittime stigmatizzate che non hanno nessuno a difendere la loro natura, anzi, istituzioni e corpi di polizia sono organizzati per annientarli.

Sono passati quasi 30 anni dalla pubblicazione del saggio che ha dato i natali alla “queen theory” Thinking Sex: Notes for a Radical Theory of the Politics of Sexuality” ed oggi la realizzazione del rovesciamento della piramide è a buon punto, basti pensare al fatto che si vuol cambiare il nome ai pedofili in “persone attratte da minori o MAP’s”, ve ne abbiamo parlato qui.

Snaturare la figura della vittima attribuendole addirittura la capacità di intraprendere azioni di carattere sessuale e conferirle la possibilità di esprimere consenso va di pari passo con l’obiettivo di umanizzare il predatore cambiandogli il nome, con dall’accezione meno negativa, più accettabile.

L’ipotesi che i bambini provino piacere e siano in grado di vivere la sessualità è stata creata ad hoc dal Dr. A. Kinsey, che condusse degli studi (falsati nei modi e nel campione ma a tutt’oggi considerati) per ridefinire il concetto di normalità. Secondo Kinsey i pedofili non esistono, gli adulti che abusano di minori non sono molestatori, sono persone che aiutano i bambini a trovare la loro sessualità “autonoma e autentica”.

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M. Focault, filosofo francese (preso ad esempio anche dalla Rubin) è un’altra figura di ispirazione per la teoria queer, anzi ne è il padre ideologico, affermava infatti che “il sesso è un punto immaginario determinato dal dispiegamento della sessualità” e che “presumere che un bambino sia incapace di spiegare cosa è successo e non sia in grado di dare il suo consenso sono due abusi intollerabili, del tutto inaccettabili”.

Il cambio di narrativa è quindi chiaro: non sta nella violenza sessuale l’abuso sul minore ma nel non riconoscere che sia consapevole.

La filosofia Drag fa un salto vero e proprio nel 1990 quando da voce di protesta contro il proibizionismo sessuale diventa un concetto intellettuale di cambiamento sociale. Con il saggio di J. Butler “Gender Trouble”, teorica queer, si afferma che si è sempre vissuto in un regime obbligatorio di eterosessualità e fallocentrista e che ha nella parola “donna” soltanto un costrutto sociale, come del resto il concetto di “uomo” e “sesso” sono solo concetti creati dalla cultura umana passando per le loro attitudini e capacità sessuali che però, possono cambiare ed evolvere nel tempo.

Qui l’altra chiave di apertura allo sdoganamento di tutto ciò che fino ad oggi è considerato inaccettabile ed immorale: il genere è malleabile, mutevole.

Anatomia e genere non coincidono più, la Drag gioca su questa diacronia, e si spinge fino a creare 3 identità: genere, sesso biologico e performance di genere. L’obiettivo? Creare confusione e mandare in crisi ciò che è sempre stato dato come certezza così da rendere difficile la distinzione tra realtà e irrealtà. Lo scopo? L’inizio di una vera e propria rivoluzione politica e sociale.

Da qui la Drag cambia modo di presentarsi, non è più l’espressione di trasgressione senza limiti, si trasforma e si veste di intrattenimento, divertimento e diventa un prodotto commerciale glamour “adatto” alle famiglie americane ed é in arrivo anche per l’Italia questo programma.

Coinvolgendo le famiglie con leggerezza le Drag possono raggiungere i bambini, scrivono libri per loro, creano spettacoli, entrano nelle scuole e nelle biblioteche con il solo scopo di indottrinarli raccontando una versione adattata alla loro innocente età della teoria queer.

Ad oggi questa teoria fa praticamente parte della pedagogia, è infatti stata scritta e proposta la “pedagogia del trascinamento” che ha l’obiettivo di stimolare e sviluppare l’immaginazione queer nei bambini, anche molto piccoli. Il sabotaggio delle nozioni tradizionali della sessualità inizia così fin dalla tenera età, ottenuta la distruzione del concetto binario “femminilità – virilità”, “donna-uomo”, la “drag pedagogy” o “pedagogia del desiderio” punta a costruire un nuovo approccio dei bambini al sesso, trasformando il rifiuto in desiderio, il concetto di sbagliato in normale, perché l’innocenza infantile è un inganno oppressivo di una società patriarcale.

Colpire i bambini, fin dalla tenera età è cosa semplice essendo i piccoli influenzabili, facilmente impressionabili, ecco perché sono loro il primo bersaglio, nel dettaglio ne abbiamo parlato qui.

A dare manforte alla filosofia gender, alla teoria queer e alla comunità LGBTQ, c’è l’Agenda 2030, che nelle scuole entra prepotentemente con la CSE, un vero e proprio indottrinamento che trova nelle istituzioni supporto e complicità.

Inizialmente per placare le preoccupazioni dei genitori il movimento Drag si prodiga in servizi di volontariato nelle biblioteche, ma velocemente diventa un vero e proprio business: contratti governativi, sovvenzioni statali, fino a far diventare gli spettacoli Drag eventi eccitanti e quotidiani.

Resta ai genitori la possibilità di fermare l’espansione di questa ideologia, ascoltandosi, perché sanno in cuor loro che non c’è nulla di adatto ai loro figli in tutto questo, basti pensare alla perplessità che provoca la possibilità che i bambini hanno di iscriversi alla “carriera alias” nelle scuole.

Sono gli unici che possono farlo costringendo scuole e istituzioni a ritracciare una netta separazione tra sessualità adulta e innocenza infantile, riaffermando e difendendo il concetto di famiglia tradizionale che viene continuamente attaccato per convergere a quello più elastico di “famiglia ideologica”.


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