MILANO SARÀ LA “CITTÀ IN 15 MINUTI” DEL WEF

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La “Città-In-15-Minuti” del WEF, la smart city di “prossimità”, sbarca a Milano e precisamente in Piazzale Loreto. A presentare il progetto in Triennale, il 29 maggio, è Nhood, società di servizi immobiliari vincitrice del bando Reinventing Cities di C40, network globale di sindaci uniti nella lotta al cambiamento climatico.

Ne abbiamo parlato già in alcune puntate di Admin Ring LIVE e abbiamo pubblicato una “PERLA DEL WEF” sull’argomento e precisamente la numero 22, col motto “NON ANDRAI DA NESSUNA PARTE E SARAI FELICE”.

Il WEF lo aveva annunciato a Davos in uno dei pochi proclami lanciati nell’ultimo asfittico raduno…

Il WEF si butta infatti nella campagna “Inclusiva, Sostenibile e Ecologica” della “CITTÀ-IN-15-MINUTI”: un’assurda sequela di immagini e di luoghi comuni per far credere che l’Uomo rovina tutto e che quindi bisogna fermarlo e ridurre drasticamente la sua mobilità. Il progetto nasce a Parigi, ma ci sono già forti contrasti nella capitale francese su questa ideona…intanto i monopattini pubblici saranno rimossi da settembre perché creano intoppi e troppi incidenti.

Però il motto  “YOU GO NOWHERE…AND YOU’LL BE HAPPY!” non sta facendo fortuna, anche se per Klaus Schwab la cosa importante è che tu SIA FELICE! Basta crederci….

Il Sindaco di Milano SALA con la Bandiera LGBTQ+ abbinata a quella dei “MAPS” PEDOFILI: il WEF vuole arrivare alla normalizzazione dei reati contro i bambini.

La conferenza di presentazione del progetto, che si è tenuta a Milano il 29 maggio scorso, si è articolata in base a 11 punti fondamentali:

  1. Una narrazione positiva. Il progetto, presentato come piano di riqualificazione urbana, si offre come soluzione a problemi quotidiani causati dall’odierna conformazione delle città, tra cui il traffico e l’inquinamento. Ciò che colpisce, aldilà del semplice marketing promozionale, è la più volte esplicitata necessità di favorirne l’attuazione attraverso una “narrazione positiva” e persuasiva che lo renda allettante, “desiderable” agli occhi del cittadino così come degli stakeholders.
  2. Una rivoluzione globale. Altro che riqualificazione urbana: il progetto “15 minuti” viene a più riprese descritto come una “rivoluzione globale”, una “rivoluzione ecologica urbana”, un “movimento globale” che mira a riscrivere i paradigmi cittadini, politici, economici e antropologici che hanno caratterizzato la città e la società dal secondo dopoguerra ad oggi. Un progetto politico marcatamente top-bottom, calato dall’alto, certamente non democratico e nemmeno spontaneo.
  3. La nuova normalità. Un progetto che, a detta dello stesso ideatore, ha acquisito ulteriore carattere di “necessarietà” a seguito della stagione pandemica. Emerge infatti, in quasi tutti gli interventi della conferenza, la continuità e il legame fra il nuovo paradigma urbanistico e le necessità post-covid di mantenere alcune abitudini ormai acquisite e accettate da molti cittadini. 
  4. Il partenariato pubblico-privato. Un elemento pionieristico (“E’ la prima volta che un privato…“) e organicamente centrale del progetto è la commistione pubblico-privato, non solo a livello di ideazione e di programmazione, ma anche di gestione operativa. Una rivoluzione “politica”, come rimarcato da Masseroli, che garantirà alle corporation e alle ONG globali la governance del territorio, sancendo così un’evoluzione della politica come precedentemente e storicamente intesa. Il cittadino non ce la fa più…lo stato nemmeno. E allora ecco che c’è chi pensa per te, ma a quale prezzo? Questa è proprio la domanda che nessuno si vuole porre…
  5. 2050: obiettivo emissioni zero. A farla da padrone e a sostenere teoricamente l’inevitabilità e la bontà del progetto, con tanto di ripetute slide di un pianeta sommerso dall’innalzamento delle acque dovuto al riscaldamento globale, è l’agenda “Emissioni zero”. Le metropoli, ed i comportamenti di chi le abita, sono presentate come responsabili di almeno un quarto delle attuali emissioni di CO2, e l’obiettivo dichiarato del progetto “15 minuti” sarà quello di eliminarne sostanzialmente le emissioni entro il 2050. In pratica: Non si dovrà e non si potrà più vivere per non emettere gas corporei…neanche 0,001%. Dovranno però anche eliminare tutte le piante e asfaltare tutto…
    Suona molto come un grandissimo controsenso.
  6. La mobilità. L’auto, così come ogni forma di mobilità personale e inquinante, che ha “plasmato la progettazione urbanistica” per almeno 70 anni, dovrà sparire. Quanto è stato preconizzato lascia intendere che nel futuro prossimo, secondo l’agenda vigente, le automobili scompariranno. Lasciando spazio ad un rafforzamento ed estensione dei mezzi pubblici? No, anzi. Anche la mobilità pubblica, anch’essa troppo inquinante, verrà ridotta. Non ci vogliono fare più muovere!!! Questa è la verità.
  7. La proprietà personale. Dal co-housing allo sharing di ufficio e veicoli, fino a nuovi servizi e spazi urbani privati ma di pubblico usufrutto: la città intelligente dei 15 minuti si prefigge l’obiettivo di rivoluzionare anche il concetto stesso di proprietà personale. Attenzione, non della proprietà privata, dato che quanto è stato descritto può essere comunque iscritto nel perimetro di una privatizzazione della città e dei suoi spazi, ma di quella personale, del singolo cittadino. “Non avrete nulla e sarete felici!
  8. Diversità e turnover. Chi viene e chi va, in un caleidoscopio di forme e di colori: è questo che tiene viva la nuova città, secondo gli sviluppatori del progetto. Un “turnover” abitativo e lavorativo che formalizza la “precarizzazione” già presente e incentivata, atto a prevenire, aggiungiamo noi, un radicamento sociale. Interessante notare un passaggio, pronunciato da Giordana Ferri, dove si accenna la necessità di superare l’odierna divisione tra la classe borghese dei centri urbani e il proletariato delle periferie, necessità che non ci sembra animata da uno spirito di lotta alle iniquità presenti bensì ad un appiattimento del 99% dell’odierno modello di vita, gestito dall’1% di leggi e regole.
  9. Globale. La dimensione del progetto, come accennato, è quella globale. Non vi è più traccia del ruolo giocato dallo Stato-nazione, non vi è strutturalmente spazio per politiche di autodeterminazione della popolazione e del territorio. La città rinasce come soggetto e come player, tutto gestito da ONG e da Corporazioni Private e STAKEHOLDERS…
    Il WEF docet et imperat!
  10. La tecnologia. Nonostante l’importanza di questo paragrafo, il tema “tecnologia” assume il ruolo dell’elefante nella stanza ignorato da tutti, e viene menzionato solo alla fine della conferenza. La tecnologia “che ci risolve i problemi”, come afferma la superstar dell’incontro, Carlos Moreno, che prima di divenire urbanista e cattedratico, ricorda la sua formazione accademica nel mondo hi-tech. Una tecnologia che, a suo dire, si introduce negli equilibri cittadini portando con sè un sistema di sensori a livellocapillare, in grado di trasformare in database le abitudini e le esigenze della cittadinanza. Le profilature sociali derivanti saranno usate poi per nutrire algoritmi ed intelligenze artificiali che avranno il compito di calibrare e modulare le politiche da attuare. Una mostruosità che non sembra però far tintinnare campanelli d’allarme in gran parte del pubblico presente alla conferenza. Non vi sono ulteriori accenni a telecamere di sorveglianza, a control-room, a conflitti di interesse, a criticità di carattere etico e del Diritto nell’applicazione di questi dispositivi tecnologici.
  11. Nuovi valori e nuovi parametri. Il progetto “15 minuti”, oltre alla lotta al cambiamento climatico, si prefigge un ulteriore compito: quello di garantire la “happiness” dei cittadini del domani, un parametro tanto vago quanto ambiguo che sembra l’evoluzione dell’attuale “soddisfazione del cittadino-consumatore”, svuotato di dignità umana. Sei saranno le aree, i nuovi canoni di vita della rivoluzione antropologica prospettata: Living, Working, Supplying, Caring, Learning, Enjoying (VIVERE, LAVORARE, FORNIRE, AVERE CURA, IMPARARE, GODERE)”. Da notare, ad esempio, come educazione ed istruzione finiscano dentro a “Learning”, mentre il Servizio Sanitario Nazionale e la Salute in generale nel calderone del “Caring”, nel completo stravolgimento ed immiserimento storico. 
    Non si parla di Musica, di Cultura, di Storia e di tradizioni artistiche e umanistiche…tutto racchiuso (forse) nel LEARNING. Le performing Arts e le forme teatrali sembrano bandite, non considerate o lasciate all’interno degli altri contenitori svuotati di contenuti.
    Un progetto di ingegneria sociale bio-politico che assume i tratti della zootecnia. La scienza che governa l’allevamento intensivo di animali  destinati all’alimentazione umana definirà il perimetro e le regole della stalla dove l’uomo-bove, accompagnato nell’espletamento di sei funzioni-esigenze della sua “quotidianità”, non vivrà, ma verrà praticamente ALLEVATO.

Questo è quanto…ed è onestamente già abbastanza!

Il progetto è di per se stesso ABERRANTE…i tecnici che lo hanno esposto in conferenza sembravano robotizzati e totalmente indottrinati…non c’è assolutamente buonsenso o prospettiva sociale e culturale nell’esposizione fatta di questa nuova idea di urbanizzazione in cui l’umanità, ma soprattutto la sua spiritualità, viene totalmente bandita, esclusa da qualsiasi processo decisionale a lei riferito: allevata, insomma. Il vecchio sistema secolare della città e dei paesi fondati su “Piazza, Chiesa, Comune, Infermeria, Teatro e Scuola” è ovviamente completamente rottamato nella testa di questi padroni dei “Think Tank Globalisti”…
Bisogna quindi iniziare a pensare  di organizzarci ad ogni livello, da quello teorico e documentale fino a quello politico, affinché questo progetto distopico, tecnocratico ed autoritario non si affermi né a Milano e nemmeno altrove.  


FONTI:

La “Città dei 15 minuti” sbarca a Milano
La città di 15 minuti soddisfa i bisogni umani ma lascia i desideri mancanti.


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