Sentenza Tribunale dell’Aquila

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Revoca della sospensione di una dipendente e condanna alla liquidazione degli emolumenti dovuti

In data 15.10.2021 una dipendente era stata sospesa dal datore di lavoro a causa della mancata vaccinazione contro il Covid, come in molti altri casi trattati.

Una discriminazione tra lavoratori vaccinati e non in linea di principio infrange l’articolo 3 della Costituzione. L’obbligo vaccinale pertanto è in linea di principio impossibile da imporre a meno che sia uno strumento provato di prevenzione dal contagio. La carta fondamentale all’art. 1 indica l’Italia come “Repubblica fondata sul lavoro” ed il 32 stabilisce che i trattamenti sanitari non devono essere obbligatori, a parte le previsioni di legge che devono rispettare la dignità umana.

Art. 3 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Art. 1 L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.

La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Art. 32 La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.

Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Il DL44/21 alla lettera impone la vaccinazione contro il Sars-Cov 2 ad alcune categorie di lavoratori ed ai lavoratori oltre i 50 anni di età. Sempre secondo l’interpretazione letterale il DL stesso indica che la finalità dell’obbligo è prevenire il contagio.

Non esistono studi che ne portino evidenza ed è chiaro a tutta la popolazione che questo trattamento non previene il contagio. Infatti molte persone, anche con più dosi, si sono infettate ed hanno infettato altre persone. Proprio la mancanza di evidenza scientifica e l’esperienza comune della collettività fanno venire meno i presupposti dell’obbligo, ragione per cui la ricorrente è stata reintegrata ed il datore di lavoro è stato obbligato a corrispondere la retribuzione fin dalla data di sospensione della dipendente.

In conclusione il Tribunale dell’Aquila riammette la dipendente al lavoro, tenuto conto che sono venuti meno i presupposti giuridici della sospensione (lo stato di emergenza su cui si reggeva il DL e le relative restrizioni non sono più vigenti) ed osserva che un altro atto di sospensione che operasse una discriminazione sarebbe contro la legge ed inapplicabile.

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