BABY GANG, PICCOLI DELINQUENTI O VITTIME?

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IL TERRORE DI ALCUNE REALTÁ QUOTIDIANE

COSA SI CELA DIETRO A TANTA VIOLENZA?

Un fenomeno di particolare allarme sociale ed in continua espansione è quello delle baby gang.

L’allarme innescato da queste piccole bande criminali è dovuto alla giovane età dei loro membri ed anche alla sensazione di pericolo e impotenza percepita dalle persone, determinata dall’aggressività con cui vengono perpetrati i crimini.

Si tratta di minori, senza un particolare vincolo di appartenenza o sodalizio che assumono comportamenti devianti e che compiono crimini di diversa natura alla cui base si pone un sentimento di profonda rabbia, di odio e risentimento, di livore e desiderio di affermazione, di vendetta e ritorsione verso individui o cose.

Rabbia che sfocia in violenza gratuita e che si nutre di fierezza, di orgoglio, di senso di appartenenza ad un branco la cui soddisfazione principale è quella di essere dominante nei riguardi del prossimo, con una convinzione di fondo, quella che, nella maggior parte dei casi, va a connotare i membri del nucleo, ovvero che solo ricorrendo alla violenza, si possa ‘diventare qualcuno’, protagonisti nel mondo e che si possa essere rispettati nonché temuti.


L’ANIMALE ALFA È UNA CORAZZA DI PROTEZIONE

Gli adolescenti, solitamente, hanno necessità di ritrovarsi e riconoscersi in un gruppo per la loro identità, per potersi distinguere dagli altri, riconoscendosi tra simili, in un “insieme” di appartenenza.

Hanno bisogno di creare un’amalgama, un composto omogeneo e compatto in cui sentirsi a proprio agio.

Tra i giovani è fondamentale potersi riunire con individui della stessa età che condividono gli stessi problemi.

Hanno bisogno di specchiarsi l’uno con l’altro, di accrescere la propria autostima, di cancellare insicurezze, di trovare stima e fiducia reciproca. Fuori dal gruppo, l’adolescente, preso singolarmente, si trova in grande difficoltà, persino nel contesto familiare, che non rappresenta più un nido, un rifugio, un luogo in cui trovare ascolto, sostegno e conforto.

Non si piace, vede le differenze fisiche e psichiche, si sente diverso, estraneo, talvolta inferiore o nettamente superiore, sottostimato, sottovalutato, non apprezzato e vive il dramma della solitudine e dell’incomprensione.

Un gruppo di adolescenti che incrociano il proprio cammino, condividendo esperienze, non diviene cruciale se non nel momento in cui qualcuno di loro vuole imporsi e dominare, vuole assumere il ruolo primario ed incontrastabile da leader, che, solitamente, nutre un minore senso di colpa rispetto ai suoi coetanei e questo gli consente di mettere in atto comportamenti antisociali, facendo da apripista per gli altri membri del gruppo. È la funzione iniziatoria dei capi.



L’EGOISMO DEI GENITORI CONDUCE LORO ALLA CECITÀ

Se, poi, il leader ed i suoi sottoposti sono mossi da grandi insicurezze, debolezze, paure e frustrazioni, si giunge rapidamente a forme di bullismo, violenza, abusi sessuali e stupri, vandalismo e distruttività.

Sono tutti mezzi di espressione per imporre la propria personalità, per sconfiggere limiti e vulnerabilità, per superare incertezze, conflitti interiori, equilibri molto precari ed instabili.

La violenza è un modo per esprimersi, per manifestare i propri malesseri e per colmare il senso di frustrazione e di impotenza, l’incapacità di affermarsi e rendersi in qualche modo “protagonisti” nel proprio nucleo familiare, nella scuola o nella società.

Gli adolescenti, nell’età dello sviluppo, subiscono cambiamenti e mutamenti e se questi non vengono affrontati nella maniera più corretta, determinano paure e timori.

La paura, spesso, può generare violenza.

Le baby gang, spesso, sono un’alternativa alla noia e alla monotonia. Sono una valvola di sfogo dello stress emotivo e psicologico, sono vie di fuga, sono la soluzione a mancanze ed assenze, sono il succedaneo delle carenze e dei deficit familiari, delle lacune e dei vuoti da colmare.

Gli adolescenti che ne fanno parte, a modo proprio, manifestano disagio e “reclamano” attenzione.


VITTIME DELL’ASSENZA DI AFFETTO

Giovani allo sbando, vittime dei social, di internet, di applicazioni che invitano a compiere prove sempre più al limite e violente e che lanciano sfide improponibili, sfide che, un genitore attento ed accorto impedirebbe ed arginerebbe con ogni mezzo a disposizione.

In buona sostanza, i giovani delle baby gang adottano atteggiamenti violenti ed aggressivi per superare, per un breve momento, la sofferenza del vivere, in cambio di un’illusoria condizione di esaltazione.

Esaltazione in cui si miscelano l’odio verso una vittima e la coesione con gli altri membri del nucleo, compagni uniti nella vita e nella morte o forse solo in un pestaggio, in un atto di vandalismo puro, in uno stupro.

Il terreno fertile da cui traggono nutrimento tali dinamiche è, sicuramente, dunque, un malessere sofferto dal minore, dettato da una difficoltà di inserimento nella società o dall’appartenenza a contesti disagiati, a famiglie che non riescono ad attenzionare, seguire e sorvegliare nella maniera più idonea i propri figli, spesso trascurati se non persino abbandonati a sé stessi.

Oltre alle problematiche ed alle criticità esposte, è opportuno tenere anche in considerazione la famiglia di provenienza, dunque, i genitori.

Il tipo di educazione e formazione impartite, la loro presenza e proattività nella vita del figlio, il tipo di contributo apportato ed il sostegno fornito. La capacità di ascolto e di dialogo, di interazione, di relazionarsi con l’adolescente.



IL DISAGIO DI UN GIOVANE NON DIPENDE DAL SUO STATUS SOCIALE

I genitori, spesso, rappresentano per i giovani un modello da non emulare e da non prendere in considerazione, anche laddove non fossero genitori degeneri, snaturati o privi di valori e solide basi.

Immediatamente dopo i genitori, necessario mettere in bilancio anche la linfa da cui traggono costante nutrimento ovvero amici, conoscenti, ambiente scolastico e tessuto sociale e, decisamente, la nostra epoca è tra le peggiori che i giovani potessero trovarsi innanzi, per covare rancore, rabbia, indignazione, rifiuto, desiderio di agire e reagire in modo selvaggio, furioso, dirompente ed esplosivo.

In ultimo ma non per rilevanza, l’influenza che su di loro hanno i social network a cui non dovrebbero avere più accesso se non nella maggiore età.

Sembrerebbe una misura tropo rigida e drastica ma, atteso ciò che sta accadendo nella realtà circostante, a causa dei social, forse sarebbe cosa buona e giusta, per salvaguardare la loro salute psicofisica, in primis ma anche quella altrui.


UNA CIVILTÁ A MISURA DEI GIOVANI

Sarebbe opportuno dare sempre ascolto ai ragazzi ed ai loro malesseri interiori che possono condurre verso atteggiamenti deviati e verso derive.

Gli adolescenti non ascoltano gli adulti se questi ultimi non riescono a trovare la strada del loro modo di concepire il tempo. Vivono delle vite in parallelo, una con gli amici o nel mondo virtuale ed una con i genitori. Fondamentale osservarli, seguirli da vicino, ascoltarli e stare con loro, trascorrere del tempo con loro. Imparare a “curare” le loro ferite.

Bisogna educare i giovani facendo le cose insieme. Ciò di cui hanno bisogno è imparare le relazioni affettive, imparare ad amarli ma, soprattutto, a fare in modo che si sentano amati.


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