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GENITORI ATTENZIONE: LE  CHALLENGES  DELLA  MORTE

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CHALLENGES ONLINE, I “GIOCHI” MORTALI SUL WEB


La voglia di popolarità sui social media e Internet hanno portato allo sviluppo di una nuova mania: bambini e giovani recentemente si sfidano online. Mentre molte di queste competizioni sono divertenti e spensierate, altre sono dannose e pericolose. In questo articolo discuteremo i potenziali pericoli associati che questi duelli comportano, delineeremo le follie di cui dovresti essere a conoscenza per supportare e proteggere meglio i tuoi figli.

Che cos’è una sfida online e come può essere pericolosa?

<p Generalmente una sfida online prevede che l’ individuo si registri facendo un video da distribuire sui social media mentre completa quanto richiesto. Spesso le prove sono difficili o audaci e hanno la caratteristica di dilagare poiché si invitano gli altri all’imitazione. Dopo la creazione di applicazioni come TikTok e Whatsup, le sfide online sono diventate sempre più popolari. Ogni giorno vengono create nuove competizioni e c’è un’onda continua di trend e virali (che vengono ampiamente e rapidamente condivisi online). I bambini e i giovani sono costantemente esposti a queste novità tramite i loro telefoni ed altri dispositivi elettronici, che possono essere estremamente problematici perché pericolose.

In casi estremi i giovani hanno perso la vita o altri hanno subito gravi conseguenze come convulsioni, coma, problemi di salvaguardia e ustioni di terzo grado.

I bambini e i giovani non sempre percepiscono i rischi connessi ad una sfida e se si aggiunge la pressione dei pari si può comprendere come arrivino a decidere di portare a termine un compito che potrebbe danneggiarli. i.

Di seguito ne descriveremo alcune tra le piú periclose per la vita degli adolescenti ed i piú piccoli.

“BLUE WHALE” CHALLENGE

Secondo quanto riferito, la Blue Whale Challenge è iniziata in Russia nel 2013 con F57, uno dei nomi del cosiddetto “gruppo della morte” di VKontakte, si pesume sia la causa di suicidio di 130 adolescenti.

Una sfida infernale lunga 50 giorni fatta di prove continue, sempre più pericolose fino ad arrivare all’ultima: l’ordine di togliersi la vita. TROVA L’EDIFICIO PIU’ ALTO E SALTA. Probabilmente è ancora presente in rete.
Nel 2017 la Blue Whale Challenge, che secondo quanto riferito ha causato la morte di sei bambini in India, ha spinto l’UNICEF India a emettere un avviso a genitori e insegnanti nell’ambito della sua campagna Asli Dost.

Ora questo documento é stato rimosso dal sito WEB dell’UNICEF ma abbiamo trovato una copia nell’archivio web:Blue Whale Challenge: What Parents Need to Know


SKULLBREAKER” CHALLENGE

I genitori vengono avvertiti di una pericolosa tendenza che sta travolgendo l’app di social networking TikTok. 

Nel 2020 approda su internet la nuova sfida attraverso TIK Tok, il social usato soprattutto dai piccoli e dai giovani adolescenti. Si chiama “Skullbreaker” tradotto “sgambetto spaccatesta”.
Il perverso “scherzo” fa davvero ciò che indica: la sfida prevede la partecipazione di tre persone, due a scapito di una, posizionata nel mezzo; consiste in un salto simultaneo, durante la discesa i due laterali spostano le gambe all’ignara vittima facendola atterrare violentemente per terra causandole gravi ferite al bacino, alla schiena e alla testa, finendo anche in terapia intensiva.

Nato in Spagna da uno scherzo di due studenti è diventato mondiale e sta toccando tutti i social.
Arrivato anche in Italia, in provincia di Bergamo, ferito un giovane studente della provincia bergamasca.
Le forze dell’ordine si sono attivate per dare vita ad una serie di incontri per sensibilizzare i ragazzi rendendoli consapevoli circa la pericolosità di questo “gioco”.

Un episodio del genere si è verificato anche in un istituto superiore della provincia di Bergamo.


“MOMO GAME”

La scultura, che in realtà non si chiama Momo (nome diffuso proprio dal web ispanico) ma Bird Mother, vuole essere una rappresentazione di Ubume, una figura mitologica giapponese raffigurante una mamma morta di parto, che appare alla gente con un bambino in braccio chiedendo di prendersi cura di lui per poi sparire nel nulla.

Sempre attuale sul web, attraverso l’applicazione di WhatsApp “Momo Game”. Un “passatempo” che si sta diffondendo in tutto il mondo, dall’Argentina agli Stati Uniti, fino alla Francia, alla Spagna e alla Germania. “Momo” ha origini giapponesi, veste un’immagine inquietante presa da una scultura esposta nel 2016 a Tokyo durante una mostra circa fantasmi e spettri.

In Argentina, Selene, una ragazzina di 12 anni si è tolta la vita. Le autorità stanno cercando di capire se il folle gesto sia stato incoraggiato da un altro utente che l’avrebbe contattata poco prima scrivendole dei messaggi. Pare che la richiesta fosse di realizzare un video da poi diffondere in rete: la piccola si sarebbe filmata prima di impiccarsi ad un albero.


GIOCA CON ME O MI UCCIDO”

“Riconoscere le fragilità e poter agire per tempo è la grande sfida”,

Esistono infinite varianti del ‘Challenge Online’ ma questa volta, per fortuna, possiamo raccontare una storia a lieto fine, quella tra due adolescenti, lei di Cuneo lui di Varese, conosciuti sul web grazie ad una passione in comune: i Manga. Durante una discussione lui tira fuori e inizia il “diversivo” che prevedeva una serie di domande le cui risposte avrebbero comportato per lui punizioni corporali fino a portarlo al suicidio. Il conto alla rovescia sarebbe terminato il giorno successivo alle 14.00. La ragazzina è stata molto coscienziosa e si è confidata con la madre che ha subito allertato le forze dell’ordine. Attraverso l’account usato dal ragazzo in pericolo sono riuscite a contattare la famiglia e ad evitare una tragedia annunciata.


L’appello ai genitori è di attivare il parental control sui cellulari dei minori, monitorare costantemente e con attenzione ogni variazione di comportamento, umore o abitudini poiché sui social sta diventando sempre più famigerato dando vita a un vortice di notizie e suggestioni che si autoalimenta.

Ai ragazzi si chiede di non farsi assolutamente coinvolgere e suggestionare, di non cadere in trappole potenzialmente mortali e pericolose per curiosità.

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L’ INNOCENZA VENDUTA, le Spose Bambine

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Ho provato una scossa elettrica quando ho aperto i Dm. Una richiesta di aiuto, accorata, ha catturato la mia attenzione.

“Per favore Doc, ho bisogno di aiuto, sono settimane che sto scrivendo ovunque, alle associazioni umanitarie, NGO, Attivisti, Attiviste, ma nessuno risponde”. “Lo so”, rispondo io. E non lo faranno.

Il mercato delle bambine è uno dei traffici più fruttuosi nelle terre dove vige il silenzio che fa rumore. Dove non esiste giustizia, dove non puoi parlare, dove se ti ribelli non rivedi la luce. E piccole creature vivono questo male senza che nessuno se ne occupi veramente, tranne alcune voci fuori dal coro degli interessi in campo per questo traffico.

Fra queste troviamo una richiesta di chiarimenti da parte di Camelia Entekhabifard che, con un tweet accorato, taggando persino il “Presidente” degli Stati Uniti ed altre alte cariche, vuole puntare un faro sullo strazio di queste piccole vittime.

L’ articolo racconta che, il mercato per la vendita di bambine in Afghanistan è ancora di uso comune. La povertà di quel popolo aiuta ad incentivare questo devastante ed orrido commercio. Ignare del loro imminente strazio, sorridono, ma ciò a cui andranno incontro le segnerà per sempre, ammesso che riescano a sopravvivere al dolore. Riguardo questo articolo, troviamo anche un appello con la classica raccolta fondi, rivolto da SAVE THE CHILDREN, (associazione come UNICEF per le quali personalmente non nutro stima, facenti capo sempre allo Stato Profondo) che racconta l’esito positivo dell’aver salvato una bambina da questo traffico.

Due giorni fa, è stato pubblicato un altro tweet accorato di Farzad Seifikaran, dove si denuncia in Iran, questa volta, la vendita di spose bambine ad uomini facoltosi che riporta : “Cosa sappiamo delle bande che rapiscono ragazze di età compresa tra 1 e 5 anni per venderle agli uomini per raccogliere “#پرده_بکارت”? E gli uomini che pagano milioni per questo e persino ordinano bambine con caratteristiche di aspetto speciali?”. Questa è la traduzione del suo tweet.

” In un’intervista con Zamaneh, Athena Daimi, un’attivista per i diritti dei bambini ed ex prigioniera politica, ha detto di aver incontrato, nella prigione iraniana di Qarchak, imputati e bande che hanno rapito ragazze di età compresa tra uno e cinque anni per venderle a uomini per abusi sessuali e rimozione dell’imene. Gli imputati sono stati condannati a pochi mesi di reclusione e rilasciati immediatamente, nonostante i gravi reati commessi. “. È la prima parte di un articolo riportato nelle pagine di radiozamaneh.com, dove l’attivista racconta ciò che ha estrapolato dalle parole dei detenuti.

Immagine tratta da radiozamaneh.com


Athena Daemi, riferendosi ai vari abusi sessuali su donne detenute nella prigione di Qarchak da parte sia delle guardie che delle forze di sicurezza e degli interrogatori, racconta che tutti i prigionieri non sopportavano l’ ingresso ed il confronto con uno specifico nuovo arrivato:

“Una volta, un accusato è stato portato dentro ed ho visto che a tutti i prigionieri non piaceva, è stata la prima volta che ho visto che tutti odiavano così tanto un prigioniero, anche perché tutti i detenuti erano solidali [in termini di circostanze] e provavano un senso di empatia l’uno per l’altro, solo poi ho capito perché”.

“C’era anche una prigioniera che era stata presa di mira.  Ho notato che i prigionieri parlavano molto di questa donna e tutti dicevano cose cattive su di lei e mi sono chiesta per quale ragione. Ho chiesto informazioni ed ho scoperto che questa donna rapiva bambine di età compresa tra uno e cinque anni e le vendeva a vari uomini, spesso anziani, per rimuovere l’imene con le dita , per quel reato è stata pagata da due a tre milioni  »

Le “Fonti Ufficiali”, confermano che in alcuni Stati che queste pratiche di vendita e matrimoni con le bambine sono stati aboliti ed ora punibili duramente, ma sappiamo bene che in altri Stati, ancora, non è così. La realtà bisogna vederla con i propri occhi e queste continue grida di allarme dovrebbero scuotere le coscienze.

Ecco, ad esempio, le dichiarazioni sulle Leggi iraniane in vigore: ” L’ Iran è uno dei paesi che ha aderito alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia, adottata nel 1989. Secondo l’articolo 34 di questa Convenzione, l’ Iran, come tutte le Nazioni che hanno aderito, è obbligato a proteggere i bambini contro ogni forma di abuso sessuale e di enumerazioni, comprese le seguenti: – Incoraggiare e costringere i bambini a impegnarsi in attività sessuali – Sfruttare i bambini in atti e contenuti pornografici – Sfruttare i bambini nella prostituzione e altri atti sessuali illegali. L’articolo 35 della Convenzione sui diritti dell’infanzia considera necessarie anche misure nazionali e multilaterali per prevenire il rapimento, la vendita o la tratta di bambini in qualsiasi forma.”

Encomiabile da parte iraniana e, ci giunge notizia da residenti, che, anche se ancora sussiste questa devastante “usanza”, i Talebani afghani si sono allineati a tali protezioni aborrendo questi matrimoni precoci. Di sicuro gli effetti delle loro decisioni non saranno immediati, ma porteranno ad una sorta di equilibrio in difesa di queste piccole creature.

Decreto stilato per i Diritti delle donne in Islamic Emirate of Afghanistan

Ci chiediamo spesso, però, quale sia l’effettiva entità di questi traffici, visto che continuano ad arrivare appelli che sottolineano, quanto questa piaga sia ancora diffusa. Chi non si è mai preoccupato di capire, di ricercare, di aiutare a sconfiggere questi orrori che sono , in ordine economico, i primi in assoluto, tende a rifiutare questo tipo di informazioni, troppo “lontane” dalla sua portata.

Sappiamo che è solo una scusa per non entrare in una realtà scomoda, poiché questa “compravendita” esiste ovunque, in ogni angolo del mondo, dalla “cara” Italia allo Stato più recondito. Ogni nostro sforzo per portare alla luce questi crimini, viene boicottato, per cercare di metterci a tacere, per non rovinare i piani dei Governi che “guadagnano” sulla pelle dei bambini.

CYBERSPACE. Viste le leggi in vigore, però, ci domandiamo come esse siano applicate negli spazi virtuali. La pornografia infantile o varie forme di abuso sessuale e sfruttamento dei bambini e la loro vendita e acquisto per vari scopi in Darkoob è un business globale grande e redditizio che cresce e si espande illegalmente giorno dopo giorno. L’Iran, con la piattaforma sopracitata, non fa eccezione alla regola.

Il social network Instagram, che è attualmente la piattaforma più popolare e con il maggior numero di utenti tra gli iraniani, è diventata ampia e adatta per i business online, ma allo stesso tempo questo social network è diventato anche una vetrina per comprare e vendere bambini. Secondo i sondaggi di Zamaneh, vari account Instagram sono impegnati nell’acquisto e nella vendita di neonati e bambini piccoli. Ad esempio, questi due account nelle foto sotto sono attivi in tal senso:

Vendita neonati e minori su Instagram
Vendita minori su Instagram

Non voglio puntare il dito su una realtà, non evidenziando tutto ciò che quotidianamente, nel mondo virtuale accade in ogni singolo Stato o territorio. La lotta alla pedopornografia e alla compravendita di esseri umani, è diventata di dimensioni epiche ed arginare soltanto ciò che esiste nello spazio virtuale “in chiaro” è titanico, inimmaginabile ciò che nasconde il Deep e Dark WEB.

Gli strati del Web

Dalle ultime stime raccolte, soltanto in USA i numeri sono agghiaccianti, siamo nell’ordine di 150 BILIONI di dollari (o 150 Miliardi per i più precisi) per il traffico di esseri umani, poco più sotto, a 123 Billlions dollars, le stime per il traffico sessuale minorile e Pedopornografia. Ovviamente, la mia ricerca non finisce qui, andremo a sollecitare le parti coinvolte cercando risposte, tornerò presto su questo inquietante argomento, attendendo le risposte di coloro che sono stati sollecitati nel dare il proprio contributo alla lotta contro questo crimine. Ciò che non farò è dimenticarmi di queste piccole creature che, nell’indifferenza di tutti, implorano il nostro aiuto. Doc.

Eni e la produzione nel deserto occidentale dell’Egitto

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TR – Eni annuncia nuove scoperte di petrolio e gas nelle concessioni di Meleiha, nel deserto occidentale dell’Egitto, per circa 8.500 barili/giorno di petrolio equivalente. Queste nuove scoperte sono già state collegate e legate alla produzione, in linea con la strategia di esplorazione guidata dall’infrastruttura, consentendo di massimizzare le opportunità di esplorazione nelle vicinanze delle infrastrutture esistenti.

I risultati sono stati ottenuti attraverso il pozzo Nada E Deep 1X, che ha incontrato 60 milioni di pagamento netto di idrocarburi nelle formazioni Alam El Bueib e Khatatba del Cretaceo-Giurassico, il pozzo Meleiha SE Deep 1X, che ha trovato 30 m di pagamento netto di idrocarburi nelle sabbie del Cretaceo-Giurassico delle formazioni Matruh e Khatatba, e il pozzo Emry Deep 21, che ha incontrato 35 m di pagamento netto di idrocarburi nelle massicce arenarie cretacee di Alam El Bueib.

Questi risultati, sommati alle scoperte del 2021 per un totale di 8 pozzi esplorativi, danno un tasso di successo del 75%, confermando le potenzialità dell’area. Altre attività esplorative nella concessione sono in corso con indicazioni promettenti.

Con queste scoperte, Eni, attraverso AGIBA, JV tra Eni ed EGPC, continua a perseguire con successo la sua strategia near field nel bacino maturo del Deserto Occidentale, volta a massimizzare la produzione contenendo i costi di sviluppo e minimizzando il time to market.

Inoltre, Eni rinnova il proprio impegno nel Deserto Occidentale con la recente acquisizione di due blocchi esplorativi con la progettazione nel 2022 di una nuova indagine sismica 3D ad alta risoluzione nella concessione di Meleiha, anch’essa finalizzata all’indagine del potenziale gas dell’area, in linea con gli obiettivi di transizione energetica.

Eni è presente in Egitto dal 1954, dove opera attraverso la controllata IEOC. La società è attualmente il principale produttore del paese con una produzione azionaria di circa 360.000 barili di petrolio equivalente al giorno.

«Disegnate l’Inferno e metteteci i compagni che vorreste morti»

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Salire a cavalcioni sul cornicione della scuola cantando «guarda come dondolo» era stato solo l’ultimo gesto di una maestra dell’Istituto comprensivo Carlo Levi, nel quartiere Fidene, che per due anni ha continuato ad insegnare nonostante vari Tso (trattamenti sanitari obbligatori)

La vicenda nella seconda elementare della scuola Carlo Levi nel III municipio della città. Anche insulti a un bimbo disabile e segni massonici alla lavagna. Gli episodi confermati non solo dalla presidente del consiglio di istituto ma anche dai genitori



Leggi l’articolo completo su Corriere


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✨💫LA LUPA EVÌTA✨💫(Monica Fiorentino)

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✨🌟✨💫✨🌙✨💫✨🌟✨

Fiabe della Buonanotte

✨🌟✨💫✨🌙✨💫✨🌟✨

C’era una volta, una giovane lupa dagli occhi di una cangiante tonalità viola scuro, di nome Evìta. 🐺

Perduta una zampa, lei non si era mai persa d’animo, e pure se storpia e malferma, obbligata a mangiare solo semi e bere tanta, tanta acqua, non aveva mai smesso di cantare la sua poesia alla luna 🌝, anche se con tono più basso, come la sua condizione le imponeva, ugualmente orgogliosa di riempire col suo canto il creato.

💭 “Però con quella zampa! Così conciata!”
💬 “Fa voltastomaco!”
🗯 “Poverina!”
Giungevano di quando in quando, voci al suo orecchio.

🐺 “Sogno/ dondola fra i rami/ una piuma” cantava lei, un passo dietro gli altri.

💭“Ma d’inverno i semi scarseggiano, e se tu non ce la dovessi fare a trovarne sulla nuda pietra, e dovessi per questo cercarne altrove?”

💬 “Ma sulla roccia come si fa a vivere?”.
E Evìta per tutta risposta cantava facendo risplendere col suo canto il creato.

🗯 “Alla festa della primavera, mi sembra, non sia mai stata invitata?” e la lupa annuendo si destreggiava in gorgheggi ancora più brillanti.

💭 “E come potrebbe mai riuscire ad arrivarci?”
💬 “Evìta?!”
🗯“Sarebbe un viaggio troppo lungo per lei!”
💭 “Dovrebbe fermarsi troppo di frequente per dissetarsi!”
💬 “E poi come farebbe ad affrontare un viaggio così lungo?”

🗯“Poverina!”
💬 “Zoppa!”
💭 “E’ così brutta!”
🗯 “Una strega!”

😍 “Ma se sei bellissima!” sospirava Dario, lupo dagli occhi d’ambra, per cui Evìta era perfetta, forte, coraggiosa, l’unica in grado di guardarlo facendolo sentire amato, invincibile.

🐺 “Ma la mia zampa? anche se sono così brutta?” guaiva lei.

E lui tirandole giocosamente l’orecchio con le zanne, dinanzi alle sue paure rideva
😍 “Amore mio! Cucciola!” scodinzolando. Facendole dimenticare le malelingue.

😍 “Evìta! Ubi tu Gaius, ibi ego Gaia …dove tu, oh Gaio sei, lì io, Gaia, sarò! Dovunque tu sarai Felice, io sarò Felice! Se tu sei Felice io sono Felice!” ululava lui, cuore nel cuore, raggianti. 💞💞💞

🦦 “L’Amore!” batteva le zampine, commossa, la lontra Cordelia.

E lei cantava a quelle parole ancora più forte, giungendo con la sua poesia fino al cielo, lassù, in alto, in alto, oltre le nuvole, l’azzurro, fra i veli dell’aurora, con la sua voce: melodia d’amore, d’impareggiabile bellezza.

Buona Notte e Sogni Magici da Sonia.💐 ed il Tuo ChildResQue Team ✨💫🌟🤍

🧚🏻Tag per argomento:

✨🌟✨💫✨🌙✨💫✨🌟✨

a cura di @Sonia_Al10💐
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Zuckerberg: STOP ai finanziamenti per le elezioni

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Il CEO di META pone fine alle controverse sovvenzioni agli uffici elettorali

Il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg , che nel ciclo elettorale del 2020 ha inondato gli uffici elettorali negli Stati Uniti con centinaia di milioni di dollari in sovvenzioni, quest’anno non parteciperà a tali sovvenzioni, secondo un portavoce.

Zuckemberg e sua moglie, Priscilla Chan, hanno fatto 419,5 milioni di dollari in donazioni a organizzazioni no profit – “Zuckerbucks” o “Zuckbucks”, come alcuni hanno chiamato i soldi – 350 milioni di dollari sono andati al progetto “Elezioni sicure” del Centro di sinistra per Tecnologia e vita civica (CTCL). Gli altri 69,5 milioni di dollari sono andati al Center for Election Innovation and Research. Secondo quanto riferito, il CTCL ha distribuito sovvenzioni a oltre 2.500 uffici elettorali.

Il portavoce di Zuckerberg, Ben LaBolt, che in precedenza era stato il portavoce della campagna presidenziale di Barack Obama nel 2008, ha affermato che le donazioni erano un affare una tantum.

“Come Mark e Priscilla hanno chiarito in precedenza, la loro donazione di infrastrutture elettorali per aiutare a garantire che gli americani potessero votare durante il culmine della pandemia è stata una donazione una tantum data la natura senza precedenti della crisi”, ha detto LaBolt al New York Times il 12 aprile “Non hanno in programma di ripetere quella donazione”.

Il denaro avrebbe dovuto essere utilizzato per acquistare dispositivi di protezione individuale e nuove apparecchiature per il conteggio delle schede elettorali, formare operatori elettorali ed espandere il voto per corrispondenza.

Ma i critici hanno una visione meno caritatevole di ciò che è successo. Dicono che gli Zuckerberg abbiano contribuito ad acquistare la presidenza per il candidato presidenziale Joe Biden influenzando in modo improprio i funzionari elettorali e aumentando artificialmente l’affluenza alle urne nelle roccaforti democratiche, ma non repubblicane, in tutta la nazione.

L’autore JD Vance, che sta cercando la candidatura repubblicana per il seggio al Senato dell’Ohio, ha dichiarato  il 12 aprile durante la campagna elettorale, ha affermato che le elezioni presidenziali del 2020 fossero state rubate con la frode. Anche la raccolta illegale di schede elettorali e Zuckerberg, che investe denaro nell’affluenza alle urne democratiche negli stati “campo di battaglia” (battleground States), sono stati fondamentali per le elezioni, ha affermato.

Le donazioni hanno generato una serie di cause legali in tutto il paese. Ad esempio, il mese scorso, la Thomas More Society ha presentato una denuncia alla Commissione elettorale del Wisconsin sostenendo che i funzionari di Milwaukee erano coinvolti in un piano di corruzione elettorale per aver accettato denaro per l’assistenza elettorale da CTCL, come riportato da The Epoch Times .

Facebook Chairman and CEO Mark Zuckerberg testifies before the House Financial Services Committee on “An Examination of Facebook and Its Impact on the Financial Services and Housing Sectors” in the Rayburn House Office Building in Washington, DC on October 23, 2019. (Photo by Nicholas Kamm / AFP) (Photo by NICHOLAS KAMM/AFP via Getty Images)

Le sovvenzioni agli amministratori elettorali hanno creato “un sistema elettorale a due livelli che trattava gli elettori in modo diverso a seconda che vivessero in roccaforti democratiche o repubblicane”, ha scritto Phill Kline, direttore del progetto Amistad della Thomas More Society, in un rapporto alla fine del 2020.

“Questa privatizzazione delle elezioni mina l’Help America Vote Act (HAVA), che richiede che i piani elettorali statali siano presentati ai funzionari federali e approvati, e richiede il rispetto di un’eguale protezione rendendo tutte le risorse disponibili equamente a tutti gli elettori”, ha scritto Kline.

Diversi stati, tra cui la Florida, hanno successivamente vietato le donazioni private agli uffici elettorali.

Nel maggio 2021, il governatore Ron DeSantis, un repubblicano, ha firmato la nuova legge sull’integrità elettorale dello stato, che, oltre a vietare l’uso di fondi privati ​​per amministrare le elezioni, ha anche vietato la raccolta di schede elettorali e l’invio di massa di schede elettorali e rafforzato i requisiti di identificazione degli elettori .

“La Florida ha preso provvedimenti in questa sessione legislativa per aumentare la trasparenza e rafforzare la sicurezza delle nostre elezioni”, ha detto DeSantis all’epoca, come riportato da The Epoch Times . “I floridiani possono essere certi che il nostro stato rimarrà un leader nell’integrità del voto. Le elezioni dovrebbero essere libere ed eque e questi cambiamenti assicureranno che ciò continui ad essere il caso nello Stato del sole”.

Il presidente della Public Interest Legal Foundation (PILF) J. Christian Adams, un ex avvocato per i diritti civili del Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti il ​​cui gruppo presenta spesso cause legali per l’integrità elettorale, ha affermato all’epoca che il denaro degli Zuckerberg ha avuto un’enorme influenza sulle elezioni del 2020.

“Gli zuckbucks sono stati il ​​fattore più importante, spremendo le aree blu nel 2020”, ha detto Adams nel periodo in cui la Florida ha represso il denaro privato utilizzato nell’amministrazione elettorale.

“Non si dovrebbe permettere a un privato cittadino di influenzare il modo in cui si svolgono le nostre elezioni. Alla Public Interest Legal Foundation, siamo orgogliosi di aver svolto un ruolo nel garantire che questi soldi non vengano spesi per influenzare le elezioni in Florida nel 2022″.

Il direttore esecutivo di CTCL, Tiana Epps-Johnson, ha dichiarato all’inizio di questa settimana che il suo gruppo sta lanciando un nuovo programma quinquennale da 80 milioni di dollari chiamato US Alliance for Election Excellence per assistere gli uffici elettorali negli Stati Uniti.

Bolt ha detto che gli Zuckerberg non saranno coinvolti nel nuovo progetto.

I tre fondi Usa che guadagnano dalle crisi

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«Fare soldi, per fare soldi: se esistono altre prospettive, chiedo scusa, non le ho viste». Correva l’anno 1962, a scrivere era Giorgio Bocca: Il Giorno lo aveva mandato a Vigevano per raccontare la provincia lombarda artigiana inebriata dal boom economico, quella dove nel giro di pochi anni erano sorte mille fabbriche ed erano sparite tutte le librerie. Ne venne fuori un reportage destinato a entrare nella storia del giornalismo italiano. Oggi, sessant’anni dopo, quel formidabile incipit suona tremendamente adatto a descrivere un altro fenomeno, molto diverso ma ugualmente figlio del suo tempo: il gran banchetto dell’alta finanza americana mentre il resto del mondo viene preso a cazzotti in faccia, prima da una pandemia, poi da una guerra e poi ancora da una crisi energetica. Seduti a capotavola, a contare le banconote, sono in tre: si chiamano Blackrock, Vanguard e State Street, sono società di gestione del risparmio e negli ultimi due anni, nonostante un susseguirsi di choc economici senza precedenti, il valore dei loro titoli in Borsa messi assieme è schizzato in alto del 61%.

Questi tre giganti di Wall Street hanno investito sui settori giusti: farmaceutica, armamenti, idrocarburi, elettronica. Con pacchetti azionari che oscillano intorno al 5% ciascuno, ci sono loro dietro i vaccini di Pfizer e Astrazeneca, le bombe di Lockheed Martin e Bae, il gas di Shell e Tellurian e i sistemi operativi di Apple e Microsoft. Tutti prodotti che dalle crisi di questi primi anni Venti hanno tratto enorme beneficio. Per avere un’idea della portata imperiale del business, basti dire che Blackrock, Vanguard e State Street gestiscono complessivamente asset per 20 trilioni di dollari, più di dieci volte il Pil dell’Italia. Sono società di gestione del risparmio, dicevamo: raccolgono i soldi degli investitori e li puntano come fiches sui mercati con l’obiettivo di farli fruttare. Il loro bazooka più potente sono gli Etf (Exchange Traded Products), fondi quotati che replicano l’andamento di un indice azionario, ossia di un paniere di titoli selezionati. Senza scendere troppo nei tecnicismi, si tratta di fondi a gestione passiva: non richiedono cioè l’intervento di un gestore che compra e vende azioni in tempo reale, ma fanno tutto “da soli” restando agganciati all’indice di riferimento. Dunque sono più economici. Ma hanno anche altri due importanti pregi: consentono di diversificare e danno rendimenti elevati. Ebbene, a colpi di Etf, negli ultimi vent’anni Blackrock, Vanguard e State Street hanno rastrellato un numero impressionante di azioni, arrivando – secondo uno studio del 2017 dell’Università di Amsterdam – a essere i maggiori azionisti nell’88% delle società quotate sullo S&P 500, il più importante indice azionario nordamericano, popolato da nomi del calibro di Amazon, Meta, Coca Cola. In altre parole, se andate a vedere la lista dei proprietari delle più ricche società del mondo, ai primi posti troverete quasi sempre i tre giganti di Wall Street.

Secondo l’analista Stefano Sanna, partner di NoRisk, un fattore decisivo di questa campagna di conquista è proprio il tratto americano: «Gli Usa sono il Paese più all’avanguardia nel settore finanziario, Wall Street è la Borsa per antonomasia dove vengono a quotarsi società da ogni parte del mondo», fa notare. «Per colossi come Blackrock avere un mercato così ampio su cui affermarsi è un vantaggio importante». Inoltre «questi asset manager offrono una gamma di prodotti molto variegata e altamente performante». Il fatto che la triade abbia piazzato le proprie bandierine praticamente ovunque pone però un tema di concentrazione del potere: Blackrock, Vanguard e State Street – si legge sempre nel rapporto dell’Università di Amsterdam – utilizzano infatti «strategie di voto coordinate e quindi perseguono obiettivi di corporate governance centralizzata». Due professori di Harvard, Lucian Bebchuk e Scott Hirst, hanno calcolato nel 2019 che la triade esprimeva complessivamente il 25% dei diritti di voto di tutte le società quotate sull’indice S&P 500. E che arriverà al 34,3% entro dieci anni e al 40,8% entro venti. «I responsabili politici – hanno avvertito i due studiosi – dovrebbero prendere sul serio le sfide che questo scenario pone in termini di governance delle aziende». Anche perché i tre fondi sono strettamente intrecciati fra loro: Vanguard e State Street detengono insieme il 12% di Blackrock; Vanguard e Blackrock possiedono il 18% di State Street; mentre Blackrock e State Street hanno il 20% di Vanguard. E se questi fondi possono sembrare entità evanescenti nell’immaterialità della finanza, va ricordato che dietro il loro inarrestabile successo ci sono manager in carne e ossa. Come Larry Fink, 69 anni, l’uomo che nel 1988 ha fondato Blackrock e che tutt’ora ne tiene le redini insistendo sul fatto che «il capitalismo ha il potere di plasmare la società». Storico sostenitore del Partito democratico ed ex consigliere personale del presidente Obama, Fink è stato definito «lo statista di Wall Street» per il ruolo di “pesce pulitore” di titoli tossici esercitato da Blackrock durante la crisi del 2008. Alla guida di Vanguard c’è Mortimer Buckley, 53 anni, allievo del «finanziere democratico» John Bogle, l’inventore dei fondi indicizzati.

Dopo anni di resistenze, Buckley solo di recente ha accettato di impegnarsi a non investire in attività che aumentano il surriscaldamento globale. Una missione di cui, al contrario, si è fatto capofila Blackrock: «Chiediamo alle aziende di fissare obiettivi per la riduzione dei gas serra», proclama da anni Fink. Ma secondo gli ambientalisti è solo greenwashing: Blackrock, Vanguard e State Street, infatti, continuano ad avere importanti partecipazioni in società dell’oil and gas come British Petroleum e Chevron e così – protesta l’associazione Friends of the Earth – «favoriscono uno status quo di inazione». Ma i tre giganti di Wall Street sono ben radicati anche in Italia. In particolare Blackrock, che detiene pacchetti del 5% ciascuno in Intesa Sanpaolo, Unicredit, Enel e Snam. La “roccia nera” e Vanguard sono i maggiori azionisti di un altro maxi-fondo americano, Blackstone, che fa private equity e che nel nostro Paese è molto attivo nel settore immobiliare.

Blackstone sta trattando l’acquisto della holding Atlantia dalla famiglia Benetton e sta per diventare socio al 24,5% di Autostrade per l’Italia, mentre una quota di pari misura andrà al fondo australiano Macquarie, che detiene anche il 40% di Open Fiber, la società della fibra ottica che dovrebbe fondersi con la rete di Tim. E indovinate chi c’è tra i maggiori azionisti di Macquarie? Sempre loro: Blackrock e Vanguard. L’intreccio, insomma, è fittissimo. E non mancano risvolti inquietanti. Secondo un articolo pubblicato nel 2015 su Limes dal professor Germano Dottori, Blackrock «svolse probabilmente un ruolo molto importante nella crisi del debito sovrano italiano del 2011»: il fondo infatti era socio di maggioranza relativa in Deutsche Bank, che in quei mesi fu il primo istituto a ritirare in misura massiccia i propri capitali investiti in titoli italiani. Spingendo il nostro Paese sull’orlo del default in nome del mantra che prevale su tutto: fare soldi, per fare soldi, per fare soldi.

Articolo di TPI

La Serbia e il legame con Russia e Cina

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Nel periodo compreso tra il 2015 e il 2021 la spesa per la difesa della Serbia è aumentata di circa il 70%, arrivando a toccare quota 1,4 miliardi di dollari all’anno. Giusto per fare qualche esempio, Belgrado ha acquistato droni da combattimento dalla Cina, un sistema di difesa area, vari elicotteri e 30 carri armati dalla Russia, oltre ad un sistema missilistico terra-aria dalla Francia e a dieci jet Mig-29 da Bielorussia e nuovamente Russia.

Il caso più recente, quello che ha riacceso i riflettori sul Paese balcanico, risale allo scorso 9 marzo, quando la Serbia ha ricevuto proprio dalla Cina il sofisticato sistema antiaereo cinese HQ-22, accogliendo all’aeroporto civile Nikola Tesla di Belgrado sei grandi aerei militari cargo inviati da Pechino. La consegna ha allarmato l’Unione europea, preoccupata sia per il possibile accumulo di armi nei Balcani che per il rischio di una possibile e improvvisa escalation in una regione dagli equilibri fragilissimi, per giunta indirettamente scossa dalla guerra in Ucraina.

Scendendo nei dettagli, pare che il governo serbo abbia accolto sei aerei da trasporto Y-20 dell’aeronautica cinese carichi di HQ-22 surface-to-air missile systems da girare in dotazione al proprio esercito. Il Ministero degli Esteri cinese non ha confermato di aver fornito alla Serbia il citato HQ-22, limitandosi a chiarire che i velivoli atterrati a Belgrado sabato scorso trasportavano “attrezzature militari convenzionali“.

Il portavoce del dicastero, Zhao Lijian, ha aggiunto che la missione in terra serba rientrava in un progetto di cooperazione annuale tra i due Paesi. La Cina “auspica che gli organi di stampa non distorcano eccessivamente la natura della collaborazione, che non è rivolta contro terze parti e non ha niente a che vedere con l’attuale situazione” in Ucraina, ha sottolineato lo stesso Zhao. Il portavoce ha poi respinto i dubbi riguardo alla possibilità che la mossa di Pechino possa danneggiare la pace nella regione. “Gli Stati Uniti vendono armi all’Europa e a Taiwan. Gli è mai importato di danneggiare la pace e la stabilità regionale?”, ha tuonato polemicamente il portavoce.

Le reazioni ufficiali alla notizia sono state contrastanti. Il ministro della difesa del Kosovo, Armend Mehaj, ha parlato di “comportamento distruttivo, pericoloso e antioccidentale” nonché di uno “spettacolo disgustoso in un momento in cui Ue, Nato e l’intero mondo dei valori euroatlantici affrontano l’aggressore di tali valori, la Russia e i suoi alleati”. Altri, come il presidente della Macedonia del Nord, Stevo Pendarovski, e il primo ministro dell’Albania, Edi Rama, ritengono che non ci siano motivi per preoccuparsi in merito ai recenti acquisti serbi.

All’indomani della guerra che ha distrutto la Jugoslavia negli anni ’90, la capacità militare della Serbia era evaporata come neve al sole. Nel 2014, con l’attacco russo all’Ucraina, Belgrado ha deciso di invertire la rotta ed è tornata ad armarsi. L’intervento di Mosca contro Kiev aveva appena dimostrato al governo serbo che l’era della guerra convenzionale in Europa non era ancora terminata.

Uno stato moderno ha bisogno di un esercito moderno, sostiene il presidente Aleksandar Vucic, fresco di conferma elettorale. Calcolatrice alla mano, considerando la spesa per la difesa in percentuale del pil la Serbia supera Albania, Bosnia, Montenegro, Kosovo e Macedonia del Nord messe insieme. Supera pure la Croazia, che sta acquistando jet francesi per ripristinare la sua capacità aerea quasi inesistente.

Se la Serbia stesse semplicemente modernizzando le sue forze armate, ha sottolineato l’Economist, a nessuno imporrerebbe più di tanto. È il contesto che fa risuonare gli allarmi, visto che in Ucraina è scoppiata la guerra, la Bosnia è stata recentemente attraversata da subbugli politici e i tabloid serbi proclamano in continuo che una guerra con gli albanesi del Kosovo o con i croati sarebbe imminente. Come se non bastasse, i nazionalisti serbi, compresi alcuni ministri e alti funzionari, hanno spesso parlato della creazione di un “mondo serbo”, che molti in Kosovo, Montenegro e Bosnia temono sia un tentativo per riferirsi alla nascita di una “Grande Serbia” che potrebbe inghiottirli. Vucic parla di “propaganda” e sostiene che tutti i vicini della Serbia sanno che il riarmo “non è contro di loro”.

Quanto sono realistici gli allarmi derivanti dal riarmo serbo? La sensazione è che tutto questo abbia un mero significato politico. Gli accordi sulle armi potrebbero servire a impressionare i sostenitori di Vucic nel tentativo, da parte dello stesso presidente, di continuare a mantenere elevati consensi e tenere, allo stesso tempo, in grande considerazione le forze armate.

La Serbia, infatti, è circondata dalla Nato, che di fatto protegge i piccoli vicini di Belgrado. In un simile contesto è altamente improbabile che i serbi possano cimentarsi in azioni militari. L’unico dubbio dell’Occidente è che l’armamento della Serbia, foraggiato per lo più da Russia e Cina, possa spingere il Paese balcanico verso un’altra guerra (credendo di avere le spalle coperte dall’asse Mosca-Pechino), soprattutto contro la sua ex provincia del Kosovo che ha proclamato l’indipendenza nel 2008. Ricordiamo che Serbia, Russia e Cina non riconoscono lo stato del Kosovo, al contrario degli Stati Uniti e della maggior parte dei Paesi occidentali.

“Stiamo rafforzando il nostro esercito per scoraggiare qualsiasi aggressore, non abbiamo intenzione di condurre alcun conflitto”, dichiarava due anni fa Vucic al termine di un’esercitazione militare denominata Cooperation 2020. Un’esercitazione durante la quale, non a caso, sono stati testati jet, elicotteri da combattimento e carri armati di fabbricazione russa e droni cinesi.

Articolo di InsideOver

Il DOD degli USA ha assegnato un contratto in Ucraina sul COVID-19 prima che esistesse

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Tre mesi prima che si sapesse dell’esistenza del Covid, Il Dipartimento della Difesa (DOD) degli Stati Uniti ha assegnato un contratto per la “Ricerca COVID-19” in Ucraina

Il mondo ha iniziato a sentire parlare per la prima volta di un nuovo coronavirus all’inizio di gennaio 2020, con segnalazioni di una presunta nuova malattia simile alla polmonite che si è diffusa a Wuhan, in Cina. Tuttavia, il mondo non conosceva il Covid-19 fino a febbraio 2020, perché è stato solo l’11 di quel mese che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ufficialmente chiamato la nuova malattia da coronavirus come Covid-19.

Quindi, essendo questa la verità ufficiale, perché i dati del governo degli Stati Uniti mostrano che il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti (DOD) ha assegnato un contratto il 12 novembre 2019 a Labyrinth Global Health INC. per la “ricerca COVID-19”, almeno un mese prima della presunta comparsa del nuovo coronavirus e tre mesi prima che fosse ufficialmente soprannominato Covid-19?

I risultati scioccanti, tuttavia, non finiscono qui. Il contratto aggiudicato nel novembre 2019 per la “Ricerca COVID-19” non solo doveva svolgersi in Ucraina, ma faceva parte di un contratto molto più ampio per un “Programma di riduzione della minaccia biologica in Ucraina” .

Forse spiegando perché Labyrinth Global Health ha collaborato con EcoHealth Alliance di Peter Daszak e Metabiota di Nathan Wolfe (membro del WEF – NdT) sin dalla sua formazione nel 2017.


Il governo degli Stati Uniti ha un sito web chiamato ‘ USA Spending ‘, una fonte ufficiale di dati aperti di informazioni sulla spesa federale. Secondo il sito, al 12 aprile 2021 il governo degli Stati Uniti ha speso 3,63 trilioni di dollari strabilianti “in risposta al COVID-19”. Ma non sono le uniche informazioni sul Covid che si possono trovare all’interno del sito.

Nascosti nella “Ricerca del premio” ci sono i dettagli su un contratto assegnato dal Dipartimento della Difesa a una società denominata ” Black & Veatch Special Projects Corp “, che sarebbe “una società globale di ingegneria, approvvigionamento, consulenza e costruzione specializzata nello sviluppo di infrastrutture” .

Il contatto è stato assegnato il 20 settembre 2012 ed è descritto come “Servizi professionali, scientifici e tecnici”. Ovviamente questo è molto vago e molto probabilmente di scarso interesse per chiunque si imbatta in esso. Ma c’è qualcosa contenuto nel profondo dei dettagli che dovrebbe interessare chiunque e tutti.

La “Cronologia dei premi” per il contratto contiene una scheda per i “Sub-premi” che dettaglia i destinatari, la data dell’azione, l’importo e una descrizione molto breve per 115 transazioni di Sub-premio. La maggior parte dei premi secondari sono estremamente banali per cose come “attrezzature di laboratorio per Kiev” o “mobili per ufficio per Kiev”.

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Ma c’è un sottopremio che spicca tra gli altri, ed è stato assegnato a Labyrinth Global Health INC per “SME Manuscript Documentation and COVID-19 Research”.

Un premio per la ricerca sul Covid-19 non è esattamente scioccante quando il mondo è presumibilmente nella morsa di una pandemia di Covid-19, ma considerando il fatto che il subappalto è stato assegnato il 12 novembre 2019, almeno un mese prima della presunta comparsa di il nuovo coronavirus, e tre mesi prima che fosse ufficialmente soprannominato Covid-19, il premio per la ricerca sul Covid-19 dovrebbe essere uno shock per tutti.

Fonte

Ma lo shock non finisce qui, perché il luogo in cui era stato incaricato il contatto per la ricerca sul Covid-19 era l’Ucraina, così come l’intero contratto assegnato dal DOD alla Black & Veatch Special Projects Corp.

I dettagli del contratto trovati sul sito “USA Spending” rivelano in realtà che il dipartimento specifico del DOD che ha assegnato il contatto era la Defense Threat Reduction Agency (DTRA). Il contratto è stato aggiudicato il 20 settembre 2012 e concluso il 13 ottobre 2020.

Sebbene i dettagli siano vaghi, il sito del governo degli Stati Uniti rivela anche che $ 21,7 milioni dei $ 116,6 milioni di contatti sono stati spesi per un “programma di riduzione della minaccia biologica in Ucraina”.

Perché il Dipartimento della Difesa ha pagato una società che è presumibilmente “una società globale di ingegneria, approvvigionamento, consulenza e costruzione specializzata nello sviluppo di infrastrutture”, per contribuire all’attuazione di un “programma di riduzione delle minacce biologiche in Ucraina”?

E perché sia ​​il DOD che la suddetta società hanno poi pagato Labyrinth Global Health INC per condurre ricerche sul COVID-19 in Ucraina almeno un mese prima della presunta comparsa del nuovo coronavirus e tre mesi prima che fosse ufficialmente soprannominato Covid-19?

Fondata nel 2017, Labyrinth Global Health è presumibilmente una “piccola impresa di proprietà di donne con una profonda esperienza e una comprovata esperienza a sostegno di iniziative per il progresso scientifico e medico”.

Si descrivono come “un’organizzazione multiculturale e internazionale con uffici in quattro paesi e un team di esperti con background e competenze diversi, tra cui microbiologia, virologia, salute globale, infermieristica emergente per malattie infettive, antropologia medica, epidemiologia sul campo, ricerca clinica e salute sistemi di informazione.”

Uno di questi uffici si trova a Kiev, in Ucraina, che l’azienda definisce “una porta d’accesso all’Europa orientale”.

FONTE: DAILYEXPOSEUK – https://dailyexpose.uk/2022/04/13/us-dod-contract-covid-research-ukraine-nov-2019/

FERRERO ESTENDE IL RICHIAMO DEI PRODOTTI

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IL RICHIAMO RIGUARDA ALCUNI PRODOTTI PER BAMBINI PROVENIENTI DALLO STABILIMENTO DI ARLON (BELGIO) A CAUSA DELLA SALMONELLA



Il focolaio scoppiato negli ultimi giorni e da noi reso noto sul nostro canale Telegram il 07 aprile 2022 si è esteso, ad oggi i casi sarebbero circa 150.

In via precauzionale e d’iniziativa, visto l’aumento dei casi, il Gruppo Ferrero ha ritirato dal mercato diversi lotti di ovetti al cioccolato Kinder prodotti nello stabilimento di Arlon, in Belgio.

Il richiamo interessa, in particolare, gli ovetti Kinder Surprice e gli Schoko-Bons prodotti nel sito belga, ritirati inoltre i Kinder Sorpresa “Maxi Puffi” e “Miraculous”. Lo ha reso noto il Ministero della Salute con un avviso pubblicato sul proprio sito internet .

Nel documento si legge che il ritiro del prodotto, realizzato da Ferrero Ardennes S.A. nello stabilimento belga di Rue Pietro Ferrero ad Arlon, riguarda tutti i lotti di produzione fino al L098L.

Sono sicuri, al contrario, ovetti e altri prodotti, come l’uovo di Pasqua Kinder Gran Sorpresa, realizzati nello stabilimento di Alba.

L’azienda dolciaria ha precisato che non sono coinvolti nel richiamo gli articoli dedicati alla Pasqua, e quindi anche le uova, perché “prodotte in Italia ad Alba (CN)”. Restano sospese, invece, le attività produttive presso la fabbrica di Arlon fino al termine degli accertamenti.


Dopo il primo caso segnalato nel Regno Unito, il 21 dicembre dello scorso anno, sono ora 119 i casi confermati e 31 quelli probabili segnalati in nove paesi UE/SEE (Belgio, Francia, Germania, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Spagna e Svezia) e nel Regno Unito.

Secondo quanto ricostruito dall’Ecdc, tutto è partito proprio nel dicembre scorso anno, quando durante analisi in autocontrollo da parte di Ferrero è stata rilevata la presenta di Salmonella Typhimurium in una cisterna del latte presso lo stabilimento belga.

Da quel momento, si sono manifestati diversi casi di salmonella ma, solo alla fine di marzo 2022, gli scienziati hanno collegato i casi alla fabbrica in Belgio.

L’8 aprile l’autorità per la sicurezza alimentare belga ha eseguito controlli ufficiali presso lo stabilimento e ha revocato l’autorizzazione alla produzione.
Tale notizia é stata pubblicata anche dall’azienda stessa:



Inoltre, l’azienda ha richiamato tutti i dolci prodotti nello stabilimento di Arlon, indipendentemente dal numero di lotto o dalla data di scadenza.

Gli esperti dell’ECDC e dell’EFSA ritengono, comunque, sia necessario esperire ulteriori controlli ed indagini presso il sito di produzione Arlon.


Qui di seguito puoi verificare direttamente sul sito dell FERRERO COME CAPIRE SE IL TUO PRODOTTO REALIZZATO NELLO STABILIMENTO DI ARLON È COINVOLTO DAL RICHIAMO.

Nota

Particolarmente colpiti dal batterio sono i bimbi di età inferiore ai 10 anni, per i quali si è reso spesso necessario il ricovero in ospedale.

I principali sintomi, quando l’infezione da salmonella costringe all’ospedalizzazione, sono crampi, nausea, diarrea con presenza di sangue e febbre.

Solitamente, la malattia si risolve spontaneamente dopo pochi giorni ma, nei bambini, si possono presentare complicazioni anche gravi.

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