Un OSS sconfigge l’ASL
Un Operatore socio sanitario ricollocato all’anagrafe zootecnica dell’ASLTO3, è stato sospeso il 23.11.2021, per inosservanza dell’obbligo vaccinale (vaccino sars cov 2).
La Asl gli aveva inviato una raccomandata con la richiesta della documentazione attestante la vaccinazione, il dipendente aveva risposto indicando che, essendo amministrativo da tre anni, non era tenuto ad ottemperare e che richiedeva di essere esentato a causa di patologie plurime di cui era affetto. Come detto il 23/11/2021 è stato sospeso.
L’operatore ha contestato il provvedimento senza ottenere riscontro, il ricorso è stato successivamente notificato dal suo legale.
In data 24/12/2021 la ASL prorogava il provvedimento, indicando che il dipendente era stato inizialmente inquadrato come OSS, pertanto rientrava nelle categorie ricomprese nell’obbligo, prolungando successivamente la sospensione al 14/06/2022.
A fine gennaio, il lavoratore ricorreva alla corte chiedendo di essere reintegrato operando in modalità agile, indicando i seguenti motivi:
- egli non rientrerebbe nel novero dei soggetti destinatari dell’obbligo vaccinale, atteso che le sue mansioni sono di tipo esclusivamente amministrativo;
- in ragione delle pluripatologie da cui è affetto e del suo status di invalido civile al 67% e portatore di handicap ex art. 3 L. 104/1992, egli è qualificabile quale lavoratore fragile e, dunque, da un lato non sarebbe assoggettato all’obbligo vaccinale e dall’altro, l’ASL avrebbe il dovere di fargli svolgere le proprie mansioni da remoto;
- la vaccinazione sarebbe una misura del tutto inefficace nel prevenire il contagio e, dunque, la limitazione dei diritti costituzionali del lavoratore sarebbe priva di giustificazione;
- l’ASL non aveva adempiuto al proprio onere di verificare la presenza di mansioni disponibili, che non prevedessero contatti interpersonali a cui adibire il ricorrente. Infine, il ricorrente lamentava il diniego opposto dall’ASL, a corrispondergli, durante il periodo di sospensione, gli assegni previsti dall’art. 82 D.P.R. 3/1957.
In più, il lavoratore è stato riammesso in servizio il 19/04/2022 avendo contratto il covid ed essendone guarito.
Come per il collega di Torino, il punto centrale della questione è che il Dl 44/2021 si applica soltanto a chi lavora nelle strutture indicate all’l’art. 8-ter, comma 1, D.lgs 502/1992.
Tali strutture, citando la norma sono:
- strutture che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero a ciclo continuativo, o diurno per acuti;
- strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica, in regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio;
- strutture sanitarie e sociosanitarie che erogano prestazioni in regime residenziale, a ciclo continuativo o diurno.
La ASL aveva poi indicato che, per i soggetti over-50, era obbligatorio il vaccino, sia come requisito anagrafico, sia per accedere ai luoghi di lavoro. In caso di non ottemperanza, il lavoratore avrebbe subito la sospensione del salario, senza perdere il posto di lavoro.
La restrizione riguardava solo l’ottenimento del super green pass, che è un requisito di accesso ai luoghi di lavoro, non per prestare l’opera. Dal 23/03/2022, in seguito ai cambiamenti normativi, l’accesso era consentito con il semplice tampone antigenico. Il DL 44, in conclusione, non prevede la sospensione dal servizio quale conseguenza della mancata somministrazione del vaccino.
La corte ha disposto il reintegro del dipendente, il pagamento degli arretrati dall’ASL e non dispone la revoca della sospensione, perché è decaduta con la guarigione dell’operatore.
Anche in questo caso è chiaro che ricorrere paga (come a Padova, Brescia, Firenze, Torino) affidatevi alla giustizia.
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