Lo scacchiere geopolitico Indo-Asiatico in movimento

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TR – l’Incontro tenutosi a Tunxi, nella regione cinese dell’Anhui, tra il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e l’omologo cinese Wang Yi, dal punto di vista geopolitico è emblematico; una chiara risposta al blocco occidentale e le misure adottate contro la Federazione Russa. A confermarlo sono le parole di Lavrov: “Con Pechino una sola voce, per un nuovo ordine mondiale più giusto e multipolare”. I temi centrali dell’incontro riguardavano l’Ucraina e, più in generale, il consolidamento della regione Asiatica.
Fondamentale anche gli incontri di alcuni giorni prima, tra Cina, Russia, Afghanistan, Tagikistan, Pakistan, Turkmenistan, Iran e Uzbekistan, che hanno evidenziato la necessità di un Afghanistan stabile e fiorente, nonché l’intenzione di Pechino – nuovo falco a 5 stelle – per il controllo di Kabul. Il ministro degli Esteri cinese ha infatti chiesto agli USA la fine delle sanzioni e lo sblocco dei beni detenuti all’estero dal governo Afghano, ma ha anche sollecitato l’intervento dei responsabili (USA-Nato) della crisi in cui è sprofondato il paese, affinché “si assumano seriamente la responsabilità primaria della ricostruzione e lo sviluppo del Paese, restituendo le proprietà del popolo afgano il prima possibile”. Inoltre, in una nota congiunta, ha sottolineato l’importanza di garantire i diritti alle donne e l’istruzione dei bambini. Anche Mosca punta al ruolo di partner e controllore strategico dell’Afghanistan e, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa russa TASS, citando le dichiarazioni di Zamir Kabulov, rappresentante speciale di Putin per l’afghanistan, “La leadership Afghana è determinata ad approfondire le relazioni bilaterali con la Russia”.

Le nazioni citate poco fa però non sono le sole a vestire un ruolo sullo scacchiere regionale; anche L’India, reduce dai colloqui con Pechino, è una tra le appetibili protagoniste, forte degli accordi siglati col Cremlino e dei successivi con Turkmenistan, Pakistan e Afghanistan. Secondo quanto riportato nella nota congiunta dai colloqui di Tunxi, il Turkmenistan promuoverà l’implementazione del gasdotto TAPI di 1.800 km, attualmente in stallo, che attraverserà l’Afghanistan e il Pakistan, culminando in India. L’accordo, che rientrava tra gli obiettivi di Tunxi a opera dei paesi limitrofi all’Afghanistan, riguardo il sostegno, la ricostruzione economica e una cooperazione fattiva, ha altresì avviato la probabile ripresa dei lavori sul gasdotto TAPI, col sostegno pakistano. Proficui anche i colloqui di ieri tra il presidente indiano Ram Nath Kovind e il suo omologo turkmeno, Serdar Berdimuhamedov, appena insediato, che hanno siglato 4 memorandum d’intesa per la cooperazione commerciale e culturale.
Oltre questo, Le autorità indiane hanno sostanziosamente contribuito ad alleviare la disperata carenza di cibo in Afghanistan, grazie ad un accordo raggiunto con il vicino (e rivale) Pakistan, che ha consentito la spedizione di 50mila tonnellate di grano, insieme a scorte di medicinali salvavita, attraverso il confine condiviso. “Ringrazio il governo indiano per la generosità mostrata in un momento in cui oltre 20 milioni di afghani affrontano la crisi e i peggiori livelli di carenza alimentare degli ultimi trentanni”, ha twittato Farid Mamundzay, ambasciatore dell’Afghanistan in India. L’autorizzazione del Pakistan è giunta tre mesi dopo l’offerta da parte del governo indiano.

India e Pakistan hanno una storia di aspre relazioni, esacerbate dalle dispute sul Kashmir, diviso tra i due paesi ma da emtrambi rivendicato nella sua interezza. Il Pakistan aveva interrotto gli scambi commerciali con l’India nel 2019, dopo che il governo di Nuova Delhi aveva spogliato la sezione del Kashmir, sotto il suo controllo, della statualità e dello speciale status costituzionale. Da allora i rapporti diplomatici e commerciali s’erano interrotti, ma, alla luce dei fatti, sembra si stiano ammorbidendo e non è da escludere che si possa giungere a una tregua, con Mosca e Pechino a fare da garanti, ipotesi da non sottovalutare.

L’India, Membro del Quad (l’alleanza che comprende anche Stati Uniti, Australia e Giappone), oltre a non aver condannato l’azione militare russa, si è addirittura detta pronta a discutere con il cremlino di nuove forniture di petrolio e di un’alternativa allo Swift per i pagamenti rupia-rublo (notizia recepita non troppo bene da Washington). Negli ultimi anni si è riavvicinata agli Usa, in chiave anti-cinese, ma intrattiene ottimi rapporti con la Russia, partner della Cina, dalla quale acquista petrolio e armi (deterrente proprio contro l’invadenza di Pechino). Nonostante i rapporti conflittuali (le tensioni ai confini, la contesa sulle zone di influenza, come Nepal e Sri Lanka) e l’amicizia con il Pakistan, partner chiave della Via della Seta, è proprio con i cinesi che il colosso asiatico ha ricominciato a dialogare, superando anche la diffidenza. Un parziale e positivo cambio di rotta per Mosca e Pechino, che ora più che mai colgono, nella ritrovata stabilità della regione Indo-Asiatica, il modo di contrastare il blocco occidentale. Insomma, sembra esserci la giusta determinazione; così, il fatto che Cina e Pakistan stiano riconciliando le relazioni con l’India, prefigura movimenti sullo scacchiere geopolitico mondiale non di poco conto.

A partire dal 18 marzo, Wang Yi ha già incontrato 25 rappresentanti di vari Paesi, prevalentemente asiatici, che non assumono posizioni critiche verso Mosca. L’obbiettivo appare abbastanza chiaro: Pechino sta lavorando arditamente per portare dalla sua parte alcuni paesi strategici, prima che ci provino gli americani. Di riflesso a trarne giovamento sarà il Cremlino; ma è pur vero che la Cina starebbe quasi puntando ad una colonizzazione economica della Russia, volgendo a proprio vantaggio il ruolo assurto nella questione ucraina. Putin questo lo aveva intuito, tant’è che volle implementare un gasdotto che, anziché fluire direttamente in Cina, passasse per la Mongolia, come per eludere immediatamente l’idea di giocare il ruolo del vassallo, ancorché aderire alla partnership. Dunque, il blocco guidato dalla Russia e la Cina sembra compattarsi, mentre l’isolamento minacciato dall’Occidente, brandendo sanzioni “esemplari” (esclusione dal sistema SWIFT), in realtà non ha fatto altro che consolidare il patto tra Mosca, Pechino e Nuova Delhi, che muovono i passi sul terreno intonso di un nuovo mercato ed una nuova geopolitica. Paradossalmente Washington ha rafforzato il nemico.