La UE lo sta studiando
Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha presentato questo progetto insieme al presidente del WHO, basato sul Regolamento Sanitario Internazionale varato nel 2005.
Il Regolamento Sanitario Internazionale è un meccanismo di condivisione internazionale, di informazioni epidemiologiche sulla diffusione di malattie infettive, al fine di assicurare la massima sicurezza contro le malattie infettive e la minima interferenza delle stesse con il commercio internazionale.
L’OMS agisce ai sensi dell’art 21 e 22 del suo Trattato di Costituzione, che la abilitano a definire richieste sanitarie e di quarantena. Questi interventi diventano operativi per tutti gli stati, dopo debita comunicazione dell’Assemblea Mondiale della Sanità, con l’eccezione di chi presenta riserve e respingimenti, entro le scadenze previste. La ratio di questo accordo è stato unificare le procedure di gestione delle pandemie, vista l’intensificazione dei collegamenti tra i Paesi, per il commercio globale. L’RSI norma anche garanzie procedurali, diritti umani, trattamento umano dei viaggiatori, protezione dati personali, modalità e tipi di cooperazione.
Tutti i principali capi di Stato dell’UE vi hanno aderito, insieme ai capi di stato di Corea del Sud, Sudafrica, Indonesia e Cile. In maggio sarà discusso nell’Assemblea generale dei 194 Stati Membri dell’OMS.
Il progetto è più ampio della sola Europa, anche se manca ancora l’adesione di USA, Russia, Cina, Giappone, Brasile.
Il 3 marzo, il Consiglio UE ha varato l’apertura del percorso di negoziati per un trattato internazionale di prevenzione, gestione e risposta alle pandemie. Il suo avanzamento verrà monitorato in un primo incontro, il 1 agosto 2022 e poi nel 76 World Health Assembly, nel 2023, il legislatore comunitario conta di portarlo a regime nel 2024.
La lotta alle pandemie è una sfida globale e l’iniziativa comunitaria serve a dotare l’Europa di uno strumento vincolante nel diritto internazionale, un accordo per adottare le linee guida della OMS (ne abbiamo già avuto un esempio negli ultimi due anni) per prevenire, far fronte e gestire le prossime pandemie (ci stanno comunicando che è un problema che, molto probabilmente, si ripresenterà, ricordate l’evento 201?).
Gli obiettivi sono:
- garantire un coinvolgimento politico più elevato, sostenuto e a lungo termine, a livello dei leader mondiali di stati, o governi;
- definire chiari compiti e processi;
- migliorare il supporto pubblico e privato a tutti i livelli;
- spingere l’integrazione delle politiche di salute in tutte le aree politiche.
La finalità è arrivare ad un sistema basato sulla pubblica solidarietà, anche tra gli stati membri, secondo chi ha preso l’iniziativa, i principi fondanti sono: onestà, trasparenza ed inclusività.
L’idea è che i singoli stati e governi non siano attrezzati a fronteggiare le pandemie, e che tuttavia uno sforzo di tipo globale, possa invece risolvere queste situazioni in modo più efficace.
L’ incontro internazionale affronterà i seguenti punti:
- diagnosi precoce e prevenzione delle pandemie;
- resilienza (attenzione a questa parola) alle future pandemie;
- rispondere a eventuali future pandemie, in particolare garantendo un accesso universale ed equo a soluzioni mediche, quali vaccini, medicinali e diagnostica;
- un quadro sanitario internazionale più forte, con l’OMS come autorità di coordinamento sulle questioni sanitarie globali;
- l’approccio “One Health“, che collega la salute dell’uomo, degli animali e del nostro pianeta.
L’accentramento delle funzioni nell’organismo globale, identificherà le cure ed i vaccini futuri e l’approccio sarà ottimizzato con gli obiettivi previsti per salvaguardare il pianeta. Per andare al nocciolo della questione, i parametri green che piano piano saranno identificati, guideranno l’azione di un unico organismo globale che redigerà i protocolli di cura.
Si tratta sia di agire in modo univoco, ma anche creare una fiducia universale in questo organismo globale e nelle sue iniziative.
Si pensa di:
- introdurre livelli progressivi di allerta, universalmente riconosciuti, raccogliendo i dati statistici ed epidemiologici con infrastrutture digitali;
- uniformare le supply chain per evitare che dpi (mascherine e disinfettanti nel caso del Covid) e presidi medici possano scarseggiare in caso di interruzione dei flussi commerciali. La fornitura di queste attrezzature ai team medici locali dovrebbe garantire un adeguato servizio sanitario;
- coordinare le attività di ricerca e sviluppo su rimedi, come vaccini e cure, ma anche condividendo patogeni e dati epidemiologici;
- eliminare le ineguaglianze tra gli stati nella distribuzione di medicinali e vaccini;
- rendere più resilienti i sistemi sanitari nazionali dei vari paesi, per aumentare la loro capacità di adattamento agli eventi eccezionali;
- rinforzare la fiducia del pubblico nelle istituzioni globali di gestione della pandemia, contrastando la disinformazione e implementando il flusso di informazioni affidabili ed accurate.
Sull’esempio di quanto visto negli ultimi due anni, balza all’occhio che, in caso di un’emergenza (evento eccezionale, ma chi dice che sia cosi improbabile?), sarà l’organismo globale a decidere, in modo univoco, come i vari stati dovranno affrontare il problema. Lo sforzo sulla gestione della comunicazione, visto il caso dell’ultima pandemia, sembra un tentativo di censurare (iniziativa non isolata al campo medico, vedi articolo) anche quelle voci del mondo scientifico che hanno messo in discussione, con i dati, le iniziative via via presentate ed adottate.
Fonti:
https://www.consilium.europa.eu/en/policies/coronavirus/pandemic-treaty/
https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pagineAree_3066_listaFile_itemName_1_file.pdf