Per Taiwan
A Singapore, nel fine settimana, si è tenuto il vertice Shangri-la, tra Cina e USA, rappresentati dai loro ministri della difesa Wei Fenghe e Lloyd Austin, preceduto da un incontro bilaterale, dove i due ex-generali si sono trattenuti per un’ora, a dialogare su Taiwan.
La buona notizia è che i due interlocutori stanno dialogando dopo un periodo di freddezza, la brutta, è che i toni si sono alzati. Il principale obiettivo dell’evento è veicolare i messaggi ai vari Paesi dell’area asia-pacifico, una guerra (per ora) fredda, dove ciascuno Stato ora è chiamato a fare una scelta di campo.
I cinesi, appellandosi agli altri Paesi Asiatici affinché non si facciano avvicinare dagli Stati Uniti, hanno fatto leva sulla sfiducia dei Paesi del Sud, che si sono dimostrati riluttanti a condannare la Russia in Ucraina.
Il principale attrito è la questione Taiwan.
Il generale Wei ha espresso il fastidio del suo esecutivo, per le spedizioni di armi statunitensi a Taiwan e il suo tono bellicoso, è chiaramente una risposta all’uscita di Joe Biden a Tokyo, il mese scorso. Ricordiamo che il presidente americano ha chiarito che gli Stati Uniti interverrebbero militarmente a fianco di Taiwan, in caso di aggressione cinese.
La Casa Bianca, per ridimensionare l’incidente diplomatico, aveva inquadrato questa dichiarazione nella ben conosciuta ambiguità strategica americana. Quest’ultima è la linea di comportamento per cui Washington, pur riconoscendo solo il governo di Pechino e non aprendo un’ambasciata a Taipei, ha redatto il Taiwan relations act, in base al quale fornisce armamenti a Formosa.
La Cina sta rispondendo in modo speculare, con continue esercitazioni aeree e navali intorno a Taiwan, senza oltrepassare i limiti della zona grigia che fanno la differenza tra un’esercitazione e la guerra vera.
Il segretario Usa alla difesa, Lloyd Austin, ha dichiarato che Washington si oppone a qualsiasi cambiamento unilaterale dello status quo lungo lo stretto di Taiwan, sia da parte di Pechino, sia di Taipei.
L’ex generale statunitense ha biasimato il comportamento provocatorio della Cina nell’Indo-Pacifico, incluse le sue rischiose intercettazioni navali e aeree e le sue attività militari, sempre più intense intorno a Taiwan.
Due tradizionali alleati degli Stati Uniti, Australia e Canada, hanno accusato l’aviazione cinese di aver eseguito esercitazioni aeree in prossimità dei loro aerei militari, per costringerli a cambiare la rotta. Pechino ha risposto affermando che Canberra e Ottawa diffondono notizie false.
Eventuali errori di valutazione durante questi incontri aerei ravvicinati, a detta degli analisti, potrebbero causare un’escalation del conflitto.
Il generale Wei ha fissato la linea rossa della sua Nazione dichiarando che: “se qualcuno cercherà di separare Taiwan dalla Cina, l’esercito cinese non esiterà a scatenare una guerra, costi quel che costi“.
La questione è cosa Pechino intenda per “separazione“.
Ciò che differenzia Taiwan dall’Ucraina – secondo Pechino – è che il primo è una provincia ribelle non riconosciuta in sede internazionale, agli occhi del Dragone, il secondo uno Stato sovrano, membro delle Nazioni Unite.
La condizione che innescherebbe una reazione di Pechino, è una dichiarazione di indipendenza di Taiwan, che ne formalizzerebbe l’indipendenza.
I leader statunitensi e taiwanesi, anche quelli che si definiscono indipendenti, si attengono allo status quo che consente a Taiwan di rimanere libera e prospera, ma il generale Wei ha messo in dubbio il termine separazione, poiché Pechino teme che l’Occidente stia rafforzando Taiwan a piccoli passi, senza superare la cosiddetta “linea rossa”.
Zhang Zhenzhong, vice capo del dipartimento dello Stato maggiore congiunto della Commissione militare centrale cinese, ha respinto la strategia indo-pacifica degli Stati Uniti come egemonica e ha attribuito le tensioni nello stretto di Taiwan al comportamento di Washington.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, intervenuto al vertice, ha detto che la comunità internazionale dovrebbe fornire aiuti ai Paesi minacciati – come Taipei – prima dello scoppio di una possibile guerra. Da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, le autorità ucraine si sono astenute dal criticare la Cina, per bilanciare la propria posizione nei confronti del Dragone.
Zelensky ha suggerito di cercare soluzioni diplomatiche per evitare conflitti e sostenere i Paesi in difficoltà, rispondendo alla domanda su Taiwan, senza nominare il leader cinese Xi Jinping.
“Il mondo permette a questi leader di coltivare i loro appetiti, per ora, quindi abbiamo bisogno di una risoluzione diplomatica per sostenere i Paesi che hanno bisogno di aiuto“, ha concluso Zelensky.
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