Vinto il ricorso contro una multa per il covid elevata dalla Polizia di Stato
Il 28 giugno 2022, un cittadino ha presentato ricorso per la sanzione amministrativa a lui comminata dalla Polizia, per non aver esibito il green pass durante il fermo.
Il ricorrente ha motivato l’atto contestando la violazione del Regolamento UE953/21 al punto 36: “È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti COVID-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate o hanno scelto di non essere vaccinate” e degli art. 2 e 3 della Costituzione, per quanto riguarda il diritto di autodeterminazione ed il diritto al lavoro.
La questione dell’obbligo è regolata dall’art.32 della Carta: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Come premessa, in caso di obbligo, il trattamento sanitario non deve peggiorare la salute del paziente, e deve bilanciare il beneficio collettivo e la minimizzazione del rischio per il singolo, sulla base di una documentazione medico-scientifica completa. Per le consuetudini delle cause precedenti, sono tollerabili soltanto conseguenze temporanee e di scarsa entità, in una parola “tollerabili”.
Il legislatore, sebbene nel caso della pandemia di Covid-19 la scienza non abbia ancora studiato gli effetti avversi, ha introdotto un obbligo di fatto, imponendo l’esposizione del Green Pass.
I sieri sono stati distribuiti previa “autorizzazione condizionata”, un iter abbreviato che non dà le stesse garanzie delle procedure standard. Si sarebbe dovuto prevedere un indennizzo, in caso di eventi avversi, di solito previsto con l’imposizione dell’obbligo. Tuttavia l’obbligo non poteva essere imposto fino all’approvazione in via definitiva di Ema.
Si è optato per un’adesione volontaria, condizionata sempre più dalle norme relative al “Green Pass”. Il lasciapassare presentava tre condizioni, cercando di bilanciare la salute collettiva con il godimento di diritti individuali: vaccinazione; guarigione; tampone. Quest’ultima, nononstante l’apparente bilanciamento dei diritti, da problemi sia dal punto di vista fisico (per la continua effettuazione ogni 48 ore), sia dal punto di vista economico, visto il prezzo della prestazione diagnostica, che discrimina le persone a seconda dei loro mezzi economici.
L’art. 32 prevede l’obbligo a norma di legge e non prevede delle eccezioni agli stessi diritti costituzionali. Non prevede che una legge restringa dei diritti costituzionali, andando oltre gli stessi limiti posti dalla Carta Costituzionale. In questo caso l’esercizio dei diritti compressi viene concesso solo in caso di assenso al trattamento sanitario. Un obbligo inesistente che lo diventa di fatto, vista anche la previsione della sanzione amministrativa per chi non si conforma.
Tenuto conto dell’art. 5 del Codice Civile “Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica”la violazione della norma è giustificata dall’art 4 della Legge 689/1981 “Non risponde delle violazioni amministrative chi ha commesso il fatto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima ovvero in stato di necessità o di legittima difesa”.
In parole povere il ricorrente, per non avallare un atto di disposizione del proprio corpo che poteva causargli un danno fisico, ha compiuto una violazione amministrativa, giustificata dal suo diritto alla legittima difesa ed all’autoconservazione.
L’accogliemento del ricorso, deciso dal Giudice di Pace, annulla la sanzione pecuniaria. Come per altri casi trattati, soltanto difendendo i propri diritti si rendono esecutivi.